La Cassazione Penale, Sez.3, con la sentenza del 30 settembre 2015 n. 39363, è intervenuta sulla condanna da parte del giudice che aveva confermato la mancata formazione/informazione obbligatoria dei lavoratori dipendenti da parte del titolare di un Pub, in riferimento alle procedure di emergenza e alle attività dei lavoratori incaricati delle attività di emergenza antincendio.
In questo caso preciso, al di là della decisione, è di rilevante importanza l’interpretazione che è fatta, nella sentenza, della normativa sulla tenuta del documento di valutazione del rischio incendio.
“È stato già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che il documento di valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, previsto dall’art. 28 del TU 81/08, è applicabile a tutte le tipologie di rischio e a tutti i settori pubblici o privati, ivi comprese le attività di ristorazione…. Si ritiene di dare senz’altro continuità a tale principio, che trova il suo fondamento nell’ampia formulazione dell’art. 3 del TU, secondo cui, appunto, “il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio”. “Da ciò discende l’obbligo del prescritto documento anche per l’attività di Pub con attività accessoria di piccoli intrattenimenti”.
La contestazione del titolare si basava sul fatto che aveva interpretato il concetto di “infortunio” limitandolo al solo prestatore di lavoro ed escludendo, in maniera totalemente irragionevole, i soggetti che frequentano i luoghi, non considerando che lo scopo della norma è la tutela dal rischio “incendi” in generale, e che quindi non sono esclusi i locali con una forte concentrazione di pubblico dovuta alla ristorazione e all’intrattenimento.
Dal momento che si trattava di un’attività con accesso e stanziamento di pubblico, secondo il Tribunale, il rischio infortunistico dovuto ad un caso di incendio non poteva essere classificato come “basso”, ed era quindi necessario prevedere delle vie di fuga agevoli per l’uscita immediata del pubblico.
Secondo la Corte è stato anche giusta la non applicazione della procedura semplificata prevista dal “Decreto del fare”, che “attiene ai settori professionali che presentano minore fattore di rischio infortuni”. Infatti, l’art. 32 del decreto D.L. 69/2013, Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, convertito dalla Legge 98/2013, prevede il modello semplificato per le attività “a basso rischio” di infortuni.